[dropcap]PE[/dropcap]sciolino … perchè? Innanzitutto “PE” è il nome del pesciolino che crea il logo e “PEsciolino” era il menù degustazione de “La Casa dei Capitani” … ricordate la continuità nel precedente articolo? Ora parliamo di gusto: anche in questo caso sono rimasta sorpresa.
La cucina è moderna, tecnologica, perché così l’ ha voluta Tazio, anche nei precedenti locali: il pragmatismo dell’ ingegnere domina giustamente sugli aspetti tecnici. Il trattamento e la manipolazione dei cibi nella massima igiene e sicurezza sono una rigida regola imprescindibile di chef Mirco Cogo, re incontrastato del cuore pulsante del locale: innovatore nel rispetto della tradizione genovese con richiami a Padova, sua città d’ origine, coniuga sapientemente gli ingredienti in raro equilibrio; la presentazione dei piatti fa di ogni portata un quadro!
Ci viene proposta la formula “Easy Dinner”: Romeo Cauli, maitre e sommelier, consiglia a Luca, tra una selezionata lista di vini, un bianco piemontese di colore paglierino e fruttato, Ardi.
Con un cestino di focaccia e pane fatti in casa, gustiamo gli adorati cuculli con salvia, frittelline tonde tipiche genovesi generalmente con verdura o erbe tagliuzzate, e un piatto freddo misto: spicca una briochina salata farcita!
Come piatto caldo io non posso non richiedere uno dei piatti clou e storici: i Gamberi mandorlati, una vera delizia che, ho già capito, non proverò neanche a replicare a casa: la difficoltà consiste nella cottura che, a una doratura croccante della panatura di mandorle a filetti, corrisponde una morbidezza dei gamberi impossibile da ripetere. I Gamberi Mandorlati sono nati da un’ idea di uno Chef precedente che ha trasformato una ricetta conosciuta a San Francisco con i granchi che hanno perso il carapace (soft shell crab) applicandola ai gamberi.
Luca invece ha letteralmente attaccato, con gusto, un “Riso nero, carciofi e pomodori secchi e scaglie di grana”, un quadro nel piatto!
Nei dolci è difficilissimo stupirmi: sono abbastanza limitata nei gusti e, sinceramente, noiosa … e il cioccolato mi piace così (ad es. mangio solo in fondente, e non tutto: quello al latte per me rimane pure anni in dispensa) … e la panna non troppo … mascarpone a piccoli dosi … dolci con la ricotta non sono il mio massimo … e così via … Lasciamo perdere, mi spiego.
Ci viene offerto il dolce: Luca, che come sente frutti di bosco va a razzo, opta per la “Millefoglie di cannoli”, una sfoglia fatta in casa con frutti di bosco e crema al mascarpone: un delicato gelato ai frutti di bosco che ben si amalgama con il cannolo (sfoglia fatta in casa) ripieno di una crema al mascarpone, per la quale rivedo tutte le mie teorie, decorato con granella di pistacchio … con Luca è una lotta impari: lo assaggio, sperando che non lo finisca … impossibile!
Io invece ho optato per un altro pilastro che ha accompagnato la Locanda in tutti questi anni, dal nome che già da sola è poesia: “Viaggio in Sicilia”, talmente bello e scenografico che si è quasi tentati di non mangiarlo … quasi! E’ un tris che non potrebbe rappresentare meglio la splendida Regione: una ricotta dolce con scorza d’arancia candita, un gelato al latte di mandorle e pistacchio ricoperto al fondente e una gelatina di passito, composta di agrumi e spuma di arance … posso solo dire che a parte la ricotta di cui ho parlato, raramente mangio l’ arancia candita! Anche questo tripudio ha una storia: originariamente il dessert era chiamato “L’isola che non c’è”, una piramide in un lago di crema, con le mele come palme. Dopo un viaggio in Sicilia, la piramide si è poi trasformata nell’ Etna, aggiungendo gli altri elementi caratteristici di questa terra.
Che dire d’ altro? Le parole stanno dentro a questo locale così intimo e nella sua cucina, che coniuga sapientemente la tradizione nel futuro in uno spicchio di Genova.