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I funghi, ovvero quando l’amore parentale è, a dir poco, imbarazzante

by Francesca Vassallo
7 Dicembre 2018
in Memories
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I funghi…chiarisco subito: sono figlia e nipote di validi nonchè sfegatati cercatori di funghi. Non è stata una cosa così semplice e banale, soprattutto quando è vista a posteriori.
Mi spiego.Mamma e papà mi portavano a cercar funghi già da piccolissima. Si doveva partire quando era ancora buio perchè “bisogna essere sul posto prima che faccia chiaro, altrimenti se li prendono …”

(già, mica erano i soli! e poi c’ era la gente del posto che era in vantaggio).
Conoscevano talmente bene i posti che, armati di piletta, mi portavano in braccio fino al posto designato. Piccola piccola ndavamo nei boschi di S. Marco d’ Urri, in provincia di Genova e lì, ricordo ancora vagamente il posto (immaginate quanto i funghi abbiano marchiato la mia infanzia! :D), c’ erano delle fascettine dove mi piazzavano sopra una copertina e mi affidavano il compito di “fare la guardia ai funghi” (come riescono a fregarti da piccoli …!).

Io con la vecchia 500 pronti a partire
Pronta per l’ avventura con stivali antivipere e fazzolettino portafortuna

Mamma girava intorno a me, mentre papà allargava il giro. Dopo avere ispezionato la zona con una meticolosità pari a Lincoln Rhyme (personaggio di alcuni romanzi di Jeffery Deaver), bevevo un po’ di latte dal thermos, che portava sempre mia mamma; a questo punto, prendevano fagotto e fagottino (io e il cestino) e ci trasferivamo nella zona dopo.
Tornavamo a casa in tempo perchè mamma riuscisse a preparare il sugo e le lasagne con la sfoglia tirata a mano col mattarello: come avrà fatto? Probabilmente la raccolta la fortificava piuttosto che stancarla!
Diventata più grandicella, per darmi una certa soddisfazione (anche perchè non mi portavano più in braccio, ma dovevo sgambettare), mia mamma iniziava con:
“vieni a vedere un po’ qui, in questa zona (delineando un cerchio di 1 m. di diametro … nel dubbio andava sul sicuro!).

Io che raccolgo i funghi con papà
Occhio laser di papà

 

Ovviamente io trotterellavo e, magia!!! trovavo il/i funghi. Spesso (e questo diede inizio alla mia croce), non li vedevo tutti e quindi dovevo ritornare (mamma laser aveva stampata la fotografia, altro che GPS) e prenderli tutti.
Ora, finchè ero piccola, mi riempiva di gioia ma, adolescente, la scenetta aveva una nota sempre crescente di imbarazzo: e che diamine, avevo 12/13 anni, mica 6!
Oltretutto la ricerca non si limitava ai porcini o ai rossi, figuriamoci! C’ erano le gambesecche buone per il sugo, le trulle per le frittelle, le loffe da impanare come le melanzane, le colombine in padella o sulla piastra, i galletti sott’ olio per non parlare dei vari prataioli a maggio o novembre (tutti i nomi sono locali)!
Non è che crescendo le cose siano migliorate, anzi!
Andare “per” funghi con zio Attilio era a dir poco impegnativo e, per me, particolarmente.
Intanto camminava come una scheggia, particolare non indifferente: non che ne risentisse la ricerca, figuriamoci! Meticoloso nelle fungaie, una proiettile tra una e l’ altra … Aveva pure la brutta abitudine di sparire: si inerpicava sempre in punti scoscesi, dava le direttive dicendoci dove girare e lui andava.
Dopo un po’ mia mamma iniziava a chiamarlo, prima piano (per non farci localizzare) e poi con un urlo tale che i funghi ritornavano sotto terra: non che mio zio si scomponesse poi tanto, che sentisse o meno! Dopo qualche richiamo a ripetizione si sentiva un “sun chiiiii” (sono qui): magari era già sceso ma taceva, cosa che giustamente faceva imbestialire mia mamma (e non solo lei!).
Siccome non è che ne trovassi molti, le prime volte mi affidavano un cestinino da portare.
E qui cominciò la mia croce. Tutto perchè un giorno, stanca, affamata e anche stufa, sono inciampata e lì il disastro: sfortuna nera volle che calpestai dei funghi dove LORO erano passati e non avevano visto (questo ovviamente non conta … quando ci si rigira le frittate, no?). Giuro che non era una fungaia e questo già avrebbe dovuto alleggerire la mia posizione … e invece NO. Sfortuna doppia, inciampando ero scivolata, avevo battuto il cestino con drammatica fuoriuscita del sacro contenuto che si ruppe pure in pezzi (non potevano essere un po’ più solidi, capperi, un colpetto!!!). 
Questo ha segnato la mia fine. 
Da allora diventai “quella che i sapatta” (li calpesta): marchiata a vita, non mi sono mai più affrancata. Il fatto è che tale ignominia (pecora nera in famiglia) non rimase nell’ ambito familiare, no no! Qualunque fosse il discorso, zio Attilio andava spesso a finire lì, con me presente, tra le risate generali … e meno male che ho una discreta dose di autoironia!

Io con i funghi trovati
Fiera della raccolta


L’ apice lo si è raggiunto una volta.

A Genova andiamo a pesca, a caccia, a nuotare e andiamo PER funghi (lo dico anche io, pur sapendo che è sbagliato). Se qualcuno dice “a funghi”, si capisce che è “furesto”, matematico!
Una volta, chissà cosa mi è saltato in mente, ne parlai con i “cercatori”. Cuor di mamma “a sììì!?! ma che strano!!”. Zio Attilio, zitto. Scrollamento di testa con sguardo abbassato e, appena allontanata, ma tanto da sentire “A nu capisce in belin de funzi, zà, ai sapatta” (Non capisce nulla di funghi, già, li calpesta) e questo mise a tacere grammatica e sottoscritta!
Noia tremenda e compito molestissimo era pulire i funghi. Considerate di dover maneggiare oro puro … guai se insieme al “granellino” di terra c’ era una cellula di gambo! Detentrice di questo compito ingrato era zia Irma che, tra l’ altro, non li mangiava neanche!
A me lo affidavano proprio raramente perchè, con il granellino di terra, partivano anche tranci di cellule … d’ altronde, non ero io quella che
 
                                      “A nu capisce in belin de funzi, zà, ai sapatta”

 

Tags: famigliafunghiMemoriesraccontoRicetteRicordiStorytellerstorytelling
Francesca Vassallo

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