Il Cimitero Monumentale di Staglieno nel 1920
Il rapporto tra i genovesi e il loro “camposanto” è particolare: non corre un filone empatico verso questa opera monumentale, apprezzata più dagli altri che da noi, in un misto di orgoglio e indifferenza.
Ricordo che da piccola, quando si passava nella zona di Staglieno, un quartiere di Genova in Val Bisagno, vedevo file di pullman fermi con moltissimi turisti. Era una meta turistica e, anzi, la principale meta turistica, quando tante bellezze della città non erano state rivalutate!
Carlo, che aveva la zia emigrata negli Usa, sentiva sempre decantare le meraviglie del Cimitero Monumentale di Staglieno, con un certo stupore da parte sua e dei vari parenti.
Sarà perché noi abbiamo i defunti nei vari cimiteri decentrati o per questo strano rapporto che c’è, ma io sono entrata a Staglieno, come abitualmente lo chiamiamo, a oltre 30 anni!
Il rapporto tra Genova e l’opera monumentale è migliorato nel corso degli anni: è veramente bellissimo, ricco di fascino e con statue molto belle!
A questa presa di coscienza si è unito però un sentimento di dolore unito alla rabbia e allo sconforto: non ci sono più le file di turisti, semplicemente perché è stato per molti anni in pieno degrado. Un degrado che colpisce le opere a tutti i livelli: tombe monumentali e semplici, pavimentazione, vegetazione, interni, illuminazione addirittura (l’altro giorno, percorrendo una scalinata interna, era quasi buio con pavimentazione sconnessa e volte cadenti).
Questa situazione dura da parecchi anni: i lavori sono enormi, le istituzioni si stanno impegnando ma la strada è ancora lunga! C’è anche la diatriba sulla responsabilità dei lavori alle tombe private: credo spettino ai proprietari, che però non li fanno e quindi vediamo opera d’arte grige e nere dagli accumuli di polvere!
Vi sono tombe di personaggi famosi e tombe bellissime di artisti genovesi, quali Giuseppe Mazzini, Michele Novaro (Mameli è sepolto a Roma, i familiari invece nel piccolo cimitero di Fontanegli che è aperto solo durante il periodo dei morti), Mary Constance Lloyd (moglie di Oscar Wilde), Noack, De Andrè, Govi, Flavia Steno, Mario Cappello (autore di “Ma se ghe pensu“), Fernanda Pivano.
Storia del Cimitero Monumentale di Staglieno
L’ idea di avere un cimitero è datata al 1797, anno in cui la Rivoluzione Francese si affermò a Genova prevedendo, come già attuato in Francia, di seppellire i morti in un camposanto e non più nelle fosse comuni o abbandonati presso le chiese.
Inizialmente fu presentato un progetto di Andrea Tagliafichi, nel 1801, che ne prevedeva la costruzione alla Foce, zona di Genova.Il progetto non andò in porto, in parte per questioni economiche e soprattutto perché le classi più abbienti avevano le loro cappelle o sepolcri mentre il cimitero era destinato ai più poveri. Anche la chiesa fece resistenza per non perdere i proventi derivati dalla sepoltura nei luoghi di culto, anche se nel 1804, con l’ Editto di Saint Cloud, ciò fu vietato.Morto il Tagliafichi, nel 1835 venne approvato il progetto di Carlo Barabino, architetto civico, che prevedeva la costruzione del cimitero a Staglieno, in Valbisagno, sul territorio di Villa Vaccarezza.
Però, dopo 15 giorni appena, il Barabino morì di colera, nell’ epidemia che colpì la città.
L’ incarico passò al suo allievo Giovanni Battista Resasco che ebbe compito dal comune di progettare un cimitero “che non fosse secondo alle altre cospicue opere cittadine“, come scrisse il figlio Ferdinando nel 1892.
Probabilmente, partendo dal progetto del Barabino, di cui rimangono pochi schizzi, che visualizzava un luogo semplice e lineare, Resasco sviluppò invece un progetto monumentale, in linea con le direttive del Comune.
Ne derivò un cimitero in linea con il classicismo in voga a metà ‘800, sia in Italia che in Europa; la particolarità di Staglieno consiste nel saper coniugare arte, monumenti e paesaggio in un’ armonica suggestione.
Venne inaugurato nel 1851.
Inizialmente era costituito solo dalla parte occidentale. Fu presto evidente che lo spazio era insufficiente, vista la forte espansione demografica e urbanistica della città. Nel tempo vennero costruiti diversi ampliamenti che, per la sua configurazione centralizzata, rispettarono la configurazione originaria.
Sono comprese anche un’ area policonfessionale e un tempio laico. A causa dell’ espansione urbanistica, vi fu la necessità di spostare i piccoli cimiteri presenti nelle varie aree di Genova trasferendoli a Staglieno.
A causa della sua bellezza e particolarità, fu meta di grandi letterati, artisti, storici, filosofi: Friedrich Nietzsche che scrisse:
…quando c’è stato il grande corteo di Carnevale siamo andati al Cimitero, il più bello tra i più belli del mondo…,
Guy de Maupassant, Mark Twain, Evelyn Waugh, il pittore russo Ilja Repin, l’imperatrice Elisabetta d’Austria (la famosa Sissi) e H. Hamingway che lo definì “una delle meraviglie del mondo“: lasciarono testimonianze delle loro visite a Staglieno e del loro peregrinare lungo le grandi gallerie o fra i folti viali lungo la collina che fa da sfondo cimitero.
Tratto dal sito del comune di Genova, Cimitero di Staglieno:
“Il Camposanto di Genova, nel pieno e vero senso della parola, è un museo dell’arte borghese della seconda metà del secolo scorso. Il Père Lachaise e l’Albert Memorial sono nulla al confronto e la loro scomparsa non sarebbe una perdita grave fino a quando questa collezione esisterà”
Waugh, A Tourist in Africa, London 1960
“…Su ciascun lato, dal momento che si cammina al suo interno, ci sono monumenti, tombe e figure scolpite che sono squisitamente lavorate e piene di grazia e bellezza. Esse sono nuove e immacolate come la neve; ogni contorno è perfetto, ogni forma è priva di mutilazioni, crepe o imperfezioni; perciò, questa imponente schiera di affascinanti forme è per me di gran lunga più piacevole della statuaria danneggiata e squallida che hanno salvato dalla rovina dell’arte antica e collocato nei musei di Parigi per la venerazione del mondo.”
M.Twain, The Innocents Abroad, London 1869
Joy Division
Due tombe del cimitero sono state immortalate da un gruppo della New Wave inglese, i Joy Division (1977-1980) o, meglio, dal loro grafico Peter Saville.
Il gruppo, nato nel 1977 nella contea di Manchester, lascerà un segno indelebile nella scena musicale inglese soprattutto per la figura del suo leader Ian Curtis, suicida a 23 anni.
Due fotografie in bianco e nero di statue neoclassiche di Staglieno furono scelte per le copertine di due dischi: un bellissimo angelo per il singolo “Love we tear us apart” nel 1980 e una deposizione sul compianto morto, raffigurante la tomba della famiglia Appiani, per “The Closer“, postumo alla morte di Ian Curtis.
Le due opere sono realizzate dagli scultori D. Paernio e O.Toso.