Sono sincera: sono stata un po’ indecisa se intitolare questo articolo “belin e maniman”: temevo potesse essere ritenuto volgare.
Poi ho pensato che lo avrei usato con la semplicità con cui lo adoperiamo noi liguri, senza nessuna connotazione particolare. Ho pensato anche che è stato sdoganato dai comici: se si pensa alla mia città, si associa pesto, belin e caruggi!
Sui comici e sulla loro rappresentatività della Liguria e di Genova, in particolare, direi che nessuno possa esserlo più di Gilberto Govi: chiamarlo comico è realmente troppo riduttivo …
All’apice della carriera era considerato in tutto il mondo un grande interprete: sapeva far muovere i suoi personaggi con una semplicità e una facilità solo apparenti; in realtà aveva la capacità e la spontaneità, un vero e proprio talento naturale, per far scaturire il riso anche con una sola espressione o un semplice ammiccamento. (Wikipedia)
Belin è semplicemente un intercalare della città, che si insinua nelle frasi più o meno frequentemente (c’è chi lo spara a raffica e chi ogni tanto) e rivolto in generale, ormai senza distinzioni.
Certamente non si usa con chi non si ha confidenza, ma può capitare di sentire, in momenti di una certa “eccitazione” (scrivo come si parla):
“ou belin, sciuu scindicu, cose sciaa dixe?” “
ma belin, signor sindaco, cosa sta dicendo?
o anche
“sciuu prevostu, ou belin, sciaa schersa?”
“signor parroco, ma belin, sta scherzando?”
Si può affermare che non conosce distinzioni sociali e di classe : )
Chiunque capiti a Genova si lascerà influenzare e lo infilerà presto in qualche discorso: il milanese, ad es. dirà bèlin con la e bella larga (la e è stretta, assolutamente) e il siciliano con “belin miaaa”: dà un senso di appartenenza.
Il significato è a corredo delle varie frasi con diversi sottintesi, a seconda dell’ intonazione:
un “beeeeliiiin…” equivale ad un “che palle!”, il “belìn” velocissimo leggero stupore (mai manifestare eccessi!), invece “beelin” come “uno “perplesso accidenti”, tipo: “ho impiegato 1h per percorrere 1 km.” “beelin!!”
Direi ancora che più popolarmente si usa un belin più marcato con tono cavernoso, mentre più raffinato è un rapido belin con tono leggero.
Il maniman invece è la parola dei genovesi ed è un sentire, più che un dire. Molto meno usato, si centellina ad hoc.
Deriva dall’ arabo “ammanaman”, che a sua volta era usato in passato (maniman è più recente)ed
“ha un significato di cauta aspettativa nei confronti degli eventi e del prossimo” (Guido Ceronetti).
Esprime il carattere dei genovesi e dei liguri in generale: sempre riservati, attenti a non aprirsi alla vita e al mondo, perché maniman… non si sa mai!
Può avere significato:
di leggero timore, tipo “mescite, maniman nu t’arrivi” “spicciati, rischi di non arrivare”
ironico, come “maniman ti saiè stancu” “non sia mai che sarai stanco”
di paura, “stanni attentu che maniman ti scuggi” “stai attento che puoi cadere!”
di ironico rimprovero “maniman ti te bulli” “rischi di esagerare..di fare troppo!”
di non sia mai, “nu vegnu, maniman…” “non vengo, non sia mai… (con un sospeso che tale rimane…)….gli usi sono innumerevoli!
Non bisogna identificarlo con un’ immobilismo, un lasciar correre: è più uno stato di attesa, di raccolta, intimista perche… –
maniman…
È verissimo! magari in una via di paese dove non scappa nulla, detta via dell’a”aggueito!” :D
e che dire dellevecch9ettecsedute su uno scalino che ogni tanto concludono una frase (lasciandola in sospeso) dicendo “ammìa ché ….”